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Medhat Shafik, egiziano, a vent'anni giunge a Milano, studia e si diploma all'Accademia di Brera, vive facendo il traduttore, l'interprete, ma sempre per continuare a dipingere e oggi è certo una delle figure eminenti nella ricerca artistica internazionale. La sua cultura è ricca e complessa, tesa fra le memorie delle sue origini e la formazione occidentale, la sua capacità narrativa è vibrante ed affascinante. Attraverso il suo racconto evocativo e mitologico emergono dalle sue opere le memorie, i colori, le materie, le scritture della sua terra d'origine, ma la lingua è quella occidentale, da Paul Klee, Vasilij Kandinskij, a Marc Chagall. Le attenzioni di Shafik sono anche per Cavaliere Azzurro, per Gabriele Münter e per gli espressionisti, evidenti soprattutto in molti dipinti degli anni ottanta. La ricerca ulteriore dell'artista si fa più complessa e sono chiare le attenzioni all'Abstract Expressionism e quindi all'Action Painting americana, poi per le scritture pittoriche della più recente ricerca espressiva in Germania e in Italia.